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Galeazzo Maria Sforza

Il Castello di Novara, Galeazzo Maria Sforza e il delitto del giorno di Santo Stefano

Galeazzo Maria della famiglia Sforza doveva essere un uomo che piaceva molto più alle donne che ai sudditi… Le storie custodite dal castello di Novara, oltre a darci ragione, sembrano suggerirci uno zelante pari merito tra moglie e amanti, impegnate anche dopo la sua morte a contendersi le spoglie e consegnare ai posteri la sua memoria. Sudditi e cortigiani forse non compresero fino in fondo le ‘virtù’ di Galeazzo, o forse, semplicemente non poterono mai avvalersene. Forse.

In Piemonte come nella vita, Galeazzo Maria Sforza fu protagonista di una politica spregiudicata che lo portò anche a scontrarsi con il fratello quando il marchesato del Monferrato fu attaccato dai Savoia, allontanandosi dalle direttrici politiche assai più miti perseguite dalla madre Bianca Maria e del padre Francesco. Dopo di che, un solo anno dopo, su gentile ‘invito’ del re di Francia (nemico giurato della famiglia Visconti, cui la madre Bianca Maria apparteneva), il Duca non esitò a convolare a nozze con la cognata Bona di Savoia, a suggello di un’alleanza franco-milanese che i più interpretarono come frutto di sola ambizione personale.

Mentre si allontanava irrimediabilmente dai desiderata della madre, l’arroganza con cui trattava nobili e sudditi e le paure dello stesso re Luigi XI di essere scavalcato, portarono al suo assassinio. La congiura si consumò il 26 dicembre 1476. Galeazzo venne pugnalato sulla soglia della milanese Basilica di Santo Stefano (data e luogo collimano perversamente) e nel tumulto generale il corpo scomparve, forse sepolto tra due colonne del Duomo per contenere i disordini pubblici che un odio a lungo covato porta sempre con sé.

Alle donne che a suo modo amò spetterà il compito di curare la sua memoria. Del resto furono le uniche cui manifestò una ineccepibile generosità: alla moglie regalò un’acconciatura di ben 544 perle e gioielli per duecentocinquantamila ducati, mentre alla preferita fra le amanti, Lucia Marliani, donò terre e dimore a Melzo e Gorgonzola. Fu così che moglie e amante si spartirono i compiti: la moglie si premurò di far apporre su uno degli ingressi del Castello di Novara lo stemma ducale, a ricordo del marito. Un pregiato marmo di Carrara accolse la scritta “GALEAZ MARIA SFORTIA VICECOMES DUX MEDIOLANI QUINTUS AETATIS ANNORUM XXXII”, pervenuta sino ai giorni nostri. Dal canto suo, l’amante prese in carico il lavoro più increscioso. In una cripta della chiesa di Sant’Andrea di Melzo – città della Lucia Marliani – fu infatti ritrovato uno scheletro… Il cranio sembra essere compatibile con quello di Galeazzo e il test del carbonio 14 conferma una datazione intorno alla metà del Quattrocento.

Oggi si pensa che le spoglie di Galeazzo siano state trasferite a Melzo per volontà dell’amata Lucia, della figlia Caterina Sforza e di suo marito. Prima testimonianza di famiglia allargata?

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