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Quel che resta del Rivellino

Le porte, si sa, sono sempre la parte più vulnerabile di ogni castello. Per questo risultano spesso rinforzate da un altra costruzione indipendente dalle mura di cinta, cui spetta l’ingrato compito di fare da avamposto durante assedi e attacchi.  Questa antica fortificazione, sorta di torrione difensivo, prende il nome di ‘rivellino’, che con ogni probabilità deriva proprio dal latino re-vallare, ovvero fortificare nuovamente.

In origine il Castello di Novara ne aveva ben due, entrambi destinati a proteggere le porte della poderosa ghirlanda di epoca sforzesca. La loro edificazione fa parte dell’ultimo importante intervento di fortificazione, fortemente voluto da Ludovico il Moro. Proprio in quegli anni il Moro si trova a fare i conti con i cambiamenti tecnologici dell’artiglieria moderna, che è in grado di mettere in linea bocche da fuoco sempre più possenti. I rivellini vengono edificati in corrispondenza degli ingressi nord e sud della cortina muraria, e intorno alla fine del Quattrocento quello a nord viene affiancato da un secondo torrione altrettanto imponente.
Anche i rivellini, come il castello nel suo insieme, sono circondati da una profonda fossa, a ulteriore difesa della struttura.

Oggi purtroppo ci resta solo una labile testimonianza di uno dei due, quello posto a difesa dell’ingresso nord, ricostruito nel 1651 su progetto dell’ing. Pietro Antonio Barca. Da alcune antiche rappresentazioni apprendiamo che era alto circa 10 metri e che recava un parapetto con tanto di merlatura finale. Di fatto, solo il basamento all’interno del fossato è rimasto integro e rappresenta un piccolo gioiello, uno degli angoli più suggestivi dei sotterranei del castello.

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