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Il restauro del Castello
Il tempo e la terra hanno segnato la vicenda architettonica del castello di Novara, destinato a ospitare il Museo della città, al cui restauro e ricostruzione ho lavorato dal 2003 al 2016.
Una progressiva serie di addizioni e demolizioni si sono susseguite, a partire dal tracciato murario della città romana ,con cui sostanzialmente il primo fortilizio coincide, attraverso i successivi accrescimenti medioevali e rinascimentali, fino alle addizioni carcerarie ottocentesche che ne hanno definitivamente
segnato il carattere disomogeneo e all’abbandono novecentesco.
Un cantiere secolare si è alimentato, intervallato da lunghe immobilità e improvvisi sussulti edificatori, tale da definire, nelle piante che si susseguono, riferibili alle diverse soglie storiche, una sorta di intermittente lastra medica inerente le modificazioni della propria struttura ossea.
Prima del nostro intervento un carattere definito permaneva nelle due ali Est e Nord, coincidenti con i diversi accrescimenti viscontei, a partire dalla Turrisella, mentre il lato Sud era occupato in parte da fabbricati di servizio, alcuni in stato di rovina, attestati sulle fortificazioni merlate e il lato Ovest, corrispondente a uno dei lati del castrum romano, era completamente demolito, ad eccezione di un frammento isolato di epoca medioevale.
Gli scavi effettuati hanno consentito di individuare, proprio sul lato Ovest, l’antico tracciato romano sotterraneo di impianto originario, esattamente collocato sulla direzione ove permane il frammento medioevale in alzato.
L’intervento generale progettato ha previsto il restauro delle parti esistenti sui lati Est e Nord ,tra cui la Torre della Monicione e la ricomposizione delle parti demolite, in particolare l’ala Ovest, il completamento dell’ala Sud e la ricostruzione della torre sull’accesso principale che, durante la sequenza storica, ha assunto forme e dimensioni diverse ,affacciata sul fronte Nord verso la piazza. La torre centrale, ancora in parte rilevabile in una delle sue diverse versioni nei costoloni posti sopra l’ingresso voltato della parte interna, ma celata dalle coperture a falde, ha costituito il primo atto di ricomposizione. Il filo di facciata corrispondente ai due costoloni è stato prolungato sui lati destro e sinistro consentendo la vista verso la piazza antistante, i monumenti, il battistero, la cupola antonelliana.
Si è costituito così un belvedere freddo e aereo che ha valore evocativo di nuova torre civica della città. Da lassù si può osservare e motivare perché avessimo progettato l’interruzione della torre, in altezza, a quella quota, lasciando aperto lo spazio al tempo.
Nell’ala Ovest il grande muro sotterraneo e il frammento successivo hanno stabilito il punto di appoggio su cui si è impostato il progetto di ricostruzione della nuova manica del castello, tesa a ricomporre l’unità dell’impianto, in precisa continuità con le antiche matrici viscontee, sforzesche e spagnole. Al piano terra
la spina archeologica, emergente nelle sue estremità esplorate e studiate, si è collocata come elemento
guida dell’organismo tipologico che incorpora, nel fronte esterno, anche il frammento medioevale di
facciata e ne esalta la presenza, sottolineandone il valore materiale di ricostruzione. L’insieme, da terra a tetto, si mostra come ennesima stratificazione nel ciclo vitale della fabbrica, sospesa sul prima e sul dopo.
All’interno, parti di mura viscontee ,elevate sulle mura romane, emergono dalla pavimentazione del piano terra, nel salone principale della Galleria, mentre il muro medioevale e la torre d’angolo a Sud-Ovest, d’epoca romana, rimangono completamente a vista, dalle fondamenta al coronamento.
Le quote di scavo consentono di rendere fruibili e visibili gran parte dello scavo e delle strutture ritrovate, tra cui la torre d’epoca romana posta nell’angolo Nord-Ovest, ad ulteriore testimonianza dell’esistenza di un recinto fortificato collocato sull’estremo angolo Sud-Ovest del Castrum.
La facciata rivolta verso la corte interna è volutamente incompiuta, incorporando, nella sua consistenza contraffortata o diruta, la memoria di ciò che è stato ripetutamente costruito e distrutto.
La ricostruzione del castello, nel suo lento disporsi lungo i dieci anni di cantiere, mi è apparsa come il ritorno alla vita di un corpo che l’architettura ha il potere di concedere, provvisoriamente, al nostro lavoro.